Mi è stato suggerito più volte di raccontare pubblicamente com’è nata la nostra scuola. Fin ora non avevo mai trovato il tempo e lo spazio giusto per farlo, ma oggi ho pensato di rimediare: inauguriamo una nuova sezione del nostro sito web con qualche curiosità su come e perché è nata Deep Instinct.
Deep Instinct Freediving ASD è stata costituita formalmente a Dicembre 2019, ed il progetto è stato reso pubblico il 1° Gennaio 2020. Il tempismo non è stato dei migliori (a Marzo 2020, come sappiamo, è scoppiata una pandemia mondiale che ha fortemente limitato le possibilità di riunirci e fare sport insieme), ma in qualche modo questo progetto è comunque riuscito a germogliare, e di questo siamo molto fieri.
Ci si potrebbe chiedere per quale motivo abbia sentito l’esigenza di creare un nuovo progetto apneistico in Toscana, dove c’erano già alcune proposte. Le motivazioni sono diverse, e proverò a spiegarvene alcune di seguito, ripercorrendo in breve il percorso che ci ha portato fino ad oggi. Partiamo dall’inizio…
Ho iniziato a fare apnea per caso. Da bambino amavo passare molto tempo in acqua facendo snorkeling, ma non sapevo come superare quel fastidio che si avverte alle orecchie se si prova a scendere giusto qualche metro sott’acqua senza sapere come fare. Le poche volte che mi capitava di vedere qualcuno capace di immergersi un po’ più in profondità rimanevo a bocca aperta, come se stessi osservando un super potere in azione!
Ignoravo del tutto il mondo dell’apnea, sia come disciplina sportiva che ricreativa, ed ho dovuto aspettare l’età di 26 anni per sentirne parlare per la prima volta (in termini, tra l’altro, non molto lusinghieri). La cosa mi incuriosì comunque molto, e decisi pertanto di iscrivermi ad un corso.
Era la fine del 2014: senza che lo sapessi, iniziava un percorso di trasformazione e di introspezione che dura ormai da quasi 10 anni, un percorso che mi avrebbe portato a rivoluzionare ogni singolo aspetto della mia vita negli anni a seguire.
Ho avuto fin da subito una grande curiosità, fame di sapere, qualcuno potrebbe dire ossessione, per questa disciplina. Mi capita spesso di approcciarmi così alle nuove cose, di voler andare subito a fondo, ma per l’apnea è stato in qualche modo diverso. Questo sport mi ha dato fin da subito un qualcosa (a livello fisico e mentale) che non ho saputo subito identificare e descrivere. Suonerà paradossale, ma l’apnea ha portato una boccata di ossigeno nella mia vita.
Ho capito solo a posteriori che il motivo per cui mi ha preso subito così tanto è legato a dei bisogni profondi che avevo tenuto da parte fino ad allora. L’apnea mi ha insegnato a stare nel presente, ad assaporare il qui ed ora, ad ascoltarmi su un piano più emotivo ed introspettivo. Al contempo, ha solleticato enormemente la mia curiosità, la mia voglia di imparare e di esplorare, di condividere, di entrare in contatto profondo con le persone e con la natura.
Per me apnea è stata subito sinonimo di esplorazione: di una disciplina estremamente sfaccettata e affascinante, dell’ambiente marino, ma anche e soprattutto di me stesso. Un continuo mettersi in discussione, sperimentare, migliorarsi.
Come la maggior parte delle persone che si avvicinano a questa disciplina, al tempo mi sono iscritto ad uno dei corsi più comuni che si trovano in giro, frequentando per qualche anno un gruppo nella mia zona. Ben presto, tuttavia, quell’ambiente ha iniziato ad andarmi stretto. Chiuso, giudicante, insicuro, povero di contenuti… mancava voglia di fare, e ancor più mancavano quella serenità e sicurezza che sono fondamentali per praticare questo sport al meglio. Non trovavo risposte alle mie domande, la mia voglia di fare e le mie prestazioni erano vista come minacce invece che come risorse. Le insicurezze di chi avrebbe dovuto guidarmi proiettate su di me, non mi veniva data fiducia. Fondamentalmente, non era un ambiente capace di guidare e stimolare persone che cercassero qualcosa di più rispetto ad un’introduzione molto basilare all’apnea, ma mancando l’umiltà per ammettere ciò, si disegnava come sbagliato chiunque deviasse dalla “norma”.
Ho fatto molta autocritica all’epoca, ma ad un certo punto ho iniziato a realizzare che era solo all’interno del gruppo che frequentavo che tutto era difficile e problematico. Fuori da lì il mio percorso era sempre più interessante, i risultati arrivavano, ed i riscontri di compagni ed istruttori sempre molto positivi. Crescevano parallelamente in me la curiosità di approfondire, capire, migliorare, e quella di condividere con gli altri, di diventare, un giorno, istruttore. Anche questo dualismo veniva visto come problematico: “o fai l’atleta o fai l’istruttore”, mi veniva detto (è stato un sollievo scoprire che il mondo è pieno di ottimi istruttori che non per questo smettono di coltivarsi, e che sono, in moltissimi casi, anche ottimi atleti).
Complici viaggi e qualche esperienza in giro per il mondo (che mi hanno dato modo di mettermi alla prova ed allargare la mia prospettiva sul mondo dell’apnea), ad un certo punto ho capito che il problema non ero il mio modo di fare apnea, bensì il fatto che mi ostinavo a frequentare un ambiente che non era adatto a me, circondato da persone insicure e che si affannavano nel tentativo di “incasellarmi”.
Una volta realizzato tutto ciò, è stato inevitabile che decidessi di andare dritto per la mia strada. Non avevo mai avuto in mente di aprire una mia scuola, ma all’improvviso questa idea sembrò avere perfettamente senso: se non trovo l’ambiente che fa per me, proverò a crearlo io stesso.
Questo distacco non fu stato affatto facile all’epoca, anche perché è coinciso con una profonda crisi personale che era esplosa nel frattempo dentro di me, proprio come risultato di quel nuovo modo di ascoltarmi che questa disciplina mi stava insegnando. Ho attraversato una depressione molto profonda, ma quando si tocca il fondo, si dice, non si può che risalire, e tra tante difficoltà questo progetto che iniziava a delinearsi nella mia testa ha costituito un appiglio, una motivazione, una salvezza. Ha portato ad una rinascita, ed alla creazione di un qualcosa che è andato ben oltre qualsiasi cosa che avessi mai immaginato di fare nel mondo dell’apnea.
Col senno di poi sono grato per tutto quello che è successo e per tutte le persone che ho incontrato nel mio percorso. Quelle che mi hanno aiutato, ma anche quelle che non mi hanno compreso, e che nel tentativo, talvolta, di mettermi i bastoni tra le ruote, hanno finito per darmi la motivazione per mettermi in gioco senza mezzi termini e tirare fuori quello che avevo dentro.
Nel momento in cui ho deciso di aprire una mia scuola, da solo e partendo completamente da zero, ci sono stati tantissimi dubbi ed insicurezze come si può immaginare, ma il nome non è stato uno di questi: avrebbe dovuto senz’altro contenere la parola “istinto“. Perché?
Per rendere omaggio a quella sensazione, quel faro, quella guida che ho sentito fin dall’inizio dentro di me ogni volta che ho messo la testa sott’acqua negli ultimi 10 anni.
Un istinto che mi ha portato ad esplorare in autonomia, inizialmente per aggirare le difficoltà che riscontravo durante il mio percorso da allievo, non avendo all’epoca conoscenze adeguate né una guida capace di aiutarmi a superarle. Anche se questo mi ha portato in alcuni casi a “reinventare la ruota”, ha stimolato in me un approccio introspettivo ed esplorativo che continua a caratterizzare la mia apnea.
Mi viene da sorridere adesso ripensando a quella volta che non riuscendo ad effettuare la manovra di compensazione delle orecchie che mi era stata descritta, “scoprii” che si poteva scendere sott’acqua facendo qualcosa di diverso (ciò che ho scoperto successivamente chiamarsi compensazione hands free). Era Aprile, acqua ancora fredda e 50cm di visibilità dopo una libecciata: armato di un mutino da piscina ed una piccola boa di segnalazione, con la mia ragazza a guardarmi perplessa dagli scogli, provavo le prime timide discese. Non dimenticherò mai la sensazione di aver finalmente guadagnato la verticalità, la terza dimensione, dopo tanti anni relegato allo snorkeling in superficie!
Oppure la prima volta che mettendo in fila quelle poche cose che iniziavo a capire e a saper controllare nella mia compensazione realizzai il mio primo tuffo oltre i 50m di profondità, con una manovra che all’epoca annotai nei miei appunti sotto il nome di “nose fill” (volendo richiamare al ben più famoso “mouthfill”, una manovra che non riuscivo ancora a fare). Subito dopo, in preda all’entusiasmo e alla curiosità, scrissi al grande Andrea Zuccari (uno dei massimi esperti di compensazione al mondo, tragicamente scomparso quest’anno per un incidente) per capire meglio che cosa fosse questa manovra che avevo sperimentato, e se fosse un qualcosa di già conosciuto o meno. Ovviamente era una variante che era già stata considerata (e tra l’altro non una particolarmente efficiente) ma per me, in quel momento, era stata una piccola scoperta ed era servita allo scopo 🙂 (per i curiosi e gli addetti ai lavori, si trattava della combinazione di carico N ed hands free).
Ad ogni modo, questo istinto mi ha spinto negli anni a migliorare, a perseverare anche quando mi veniva detto che ero sbagliato. Ha costituito un appiglio a cui aggrapparmi per trovare motivazioni quando attorno a me, di motivazioni, non ce n’erano.
E’ un istinto che ho sempre percepito come un qualcosa di molto profondo, che mi invitava ad esplorare le profondità del mare, ma soprattutto quelle dentro di me.
“You have depth in you”, mi disse una volta il campione spagnolo Miguel Lozano durante il mio primo viaggio apneistico all’estero (Dahab, 2019). Mi piace pensare che fosse riuscito a vedere proprio questa scintilla di cui parlo: un istinto che credo sia dentro tutti noi, che ha bisogno solo di essere notato, alimentato, coltivato. Lo devo ringraziare, Miguel, perché è stato forse il primo a darmi fiducia. Grazie a questo, ed al lavoro di preprazione che avevo fatto a Livorno l’estate precedente allenandomi con alcuni amici, finii per aggiungere qualcosa come 30 metri al mio personale di profondità nell’arco di 4 giorni. “Italiano! We go deeper today?”.
Alla luce di tutto ciò, il nome fu presto scelto: ci saremmo chiamati “Deep Instinct”.
Il nome vuole richiamare al fatto che c’è un qualcosa di profondo e di innato dentro ognuno di noi, che aspetta solo di essere risvegliato.
Mi piace infatti pensare che fare apnea non significhi imparare a fare qualcosa, bensì risvegliare un qualcosa, un potenziale, questo istinto profondo, appunto, che è già dentro di noi.
Non mi sono mai pentito negli anni di questo nome, ed anzi continuo a trovarci sempre più significati man mano che approfondisco questa disciplina.
Il logo è stato il frutto di un concorso creativo durato diverse settimane, che ha coinvolto quasi 70 designers sparsi in tutta Italia. Dopo aver provato a spiegare con parole ed immagini tutto quello che volevo che il logo esprimesse, e dopo diverse settimane di lavoro e di scambio di idee, furono elaborate ben 337 proposte diverse, che sono confluite nella sintesi che conoscete.
Il logo rappresentare una persona in una posizione meditativa, quella del loto. Guardando attentamente, però, alcuni dettagli suggeriscono che non si tratta di uno yogi, bensì di un apneista (ha il mare alle spalle ed indossa una cintura di pesi in vita). La posizione del busto e delle braccia suggeriscono rilassatezza, e vogliono richiamare la postura che l’apneista assume in quella fase di un tuffo profondo in cui ci si può lasciare andare completamente (la caduta libera).
L’immagine, inoltre, esprime una forte centralità, ben rappresenta quella centratura e quegli stati mentali che sono la chiave per godere appieno della pratia dell’apnea (e non solo).
Ho voluto creare un ambiente professionale e di qualità, che fosse al contempo sereno, sicuro, accogliente, sensibile ed inclusivo: in sostanza, quell’ambiente che non avevo trovato da allievo.
L’apnea che insegnamo in Deep Instinct viene da una sintesi ed una integrazione di storie, conoscenze, percorsi, sperimentazioni, ed esperienze di alto livello. Ogni cosa che insegnamo, ogni tecnica, ogni suggerimento, ha un vissuto profondo dietro, non è solo qualcosa che abbiamo letto su un libro o che ci è stato raccontato.
Non andiamo dietro a nessun “guru”, e per noi non c’è niente di scontato né di scritto nella pietra. Siamo forti dei nostri mezzi ma rispettosi ed aperti al confronto e al cambiamento.
Siamo in costante evoluzione, ogni stagione è un po’ diversa dalla precedente, sempre alla ricerca di margini di miglioramento nel nostro modo di praticare, insegnare, e godere di questa stupenda disciplina.
Abbiamo lavorato sodo fin dall’inizio per poter offrire i più alti standard qualitativi e di sicurezza, prestando particolare attenzione all’atmosfera che si respira in acqua e fuori, ed al percorso di ogni singolo allievo. Curiamo maniacalmente la qualità di ciò che facciamo, piuttosto che rincorrere i numeri e la crescita indiscriminata: cresciamo solo quando sappiamo di poterlo fare bene, mantenendo gli standard che ci siamo prefissi fin dall’inizio.
Deep Instinct vuole essere una piattaforma di tutti, dove è possibile perseguire i propri obiettivi (qualunque essi siano) con serietà e professionalità, in un clima sereno, spensierato, scherzoso. C’è spazio per il divertimento, siamo prima di tutto amici dentro e fuori dall’acqua, ma quando c’è da fare sul serio siamo sul pezzo e niente ci spaventa, perché abbiamo lavorato negli anni per essere pronti.
Nel nostro gruppo quando una persona prova a fare qualcosa di nuovo sa di non dover dimostrare niente a nessuno, di poter avere il supporto incondizionato del gruppo, e di poter contare su standard di sicurezza che potrebbe trovare ad un campionato del mondo.
Non ci sono ansie o paure latenti: siamo sereni perché sappiamo di essere preparati, e laddove ci rendiamo conto di poter migliorare ci rimbocchiamo le maniche per farlo.
Tutti si mettono in discussione, dall’istruttore più incallito fino all’ultimo arrivato. Nessuno si sente su un piedistallo: condividiamo esperienze e “materiale vivo”, senza giudizio, indipendentemente da quello che è il livello di ciascuno.
E’ forse questa la cosa di cui andiamo più fieri: questa perfetta alchimia tra professionalità, spensieratezza e condivisione che siamo riusciti a creare e a mantenere nel tempo.
Abbiamo dimostrato che ci si può divertire anche facendo apnea di qualità, che si può creare un clima sereno e spensierato senza dover scendere a compromessi, e senza ridurre una disciplina così complessa e affascinante ad un qualcosa di troppo semplificativo.
Pensando da dove siamo partiti e dove siamo adesso non si può che sorridere, ed anche un po’ fieri di quello che abbiamo realizzato.
A distanza di quasi quattro anni Deep Instinct è una meravigliosa realtà, che conta più di 100 tesserati ogni stagione, ed uno staff sempre più nutrito e preparato. Sono tante le persone che ci danno fiducia e che ci raggiungono anche da molto lontano per partecipare alle nostre attività, e di questo siamo molto contenti.
Abbiamo portato la nostra bandiera ai vertici dell’apnea mondiale, nei templi sacri di questa disciplina, e per sempre più persone in Italia e nel mondo “Deep Instinct” è diventato sinonimo di qualità e professionalità.
A Novembre 2022 un altro traguardo che non avrei mai immaginato appena pochi anni fa. A tre anni scarsi da quando abbiamo aperto i battenti e dopo quasi 10 anni di studi, di ricerche e di lavoro nei campi dell’informatica, della robotica, e dell’intelligenza artificiale, mi sono licenziato dal mio lavoro full-time da ingegnere per dedicarmi al 100% alla mia passione e a questo progetto.
L‘ambiente ed il gruppo che mi è mancato da allievo adesso c’è, è a disposizione di tutti, e si chiama Deep Instinct Freediving.
E il futuro? Tante novità bollono in pentola… Non vi resta che seguirci per scoprirle!
Autore: Francesco Corucci, fondatore di Deep Instinct Freediving ASD
Data: 29/10/2023
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